Il 24 Gennaio di cento anni fa ci lasciava Amedeo Modigliani. Con il passare degli anni, grazie alla complicità di una critica superficiale, distratta ed in alcuni frangenti volutamente ostile ed oscurantista, proliferarono le più svariate storie e leggende intorno alla figura del pittore maledetto per antonomasia, morto tra scatolette di sardine e fiaschi di vino vuoti.

“Un giorno Kisling e Ortiz de Zarate trovarono Modigliani a letto, nello studio gelido. Seduda accanto a lui, Jeanne, incinta di nove mesi, lo disegnava. Intorno, bottiglie vuote e scatole di sardine aperte. La leggenda vuole che Modigliani morente abbia raccomandato Soutine a Zborowski ed invitato la moglie a seguirlo nella morte «per avere il suo modello preferito in Paradiso e godere con lei eterna felicità». Durante il trasporto all’ospedale avrebbe per di più mormorato «Cara Italia». Troppe «ultime parole»” da “Modigliani, mio padre” Jeanne Modigliani.

Il pittore istintivo e rivoluzionario, l’artista non allineato certo sì ai dogmi accademici, ma nemmeno alle avanguardie artistiche dell’epoca, divenne sempre più oggetto d’analisi e studio ed ammirazione.

Francamente in pochi si adoperano ad estrarre dal mito la storia di questo gigante dell’Arte. Nell’immediato dopoguerra fioccarono innumerevoli biografie romanzate che suscitarono non pochi malintesi. Fatto sta che quel manipolo di pochi curiosi studiosi restituirono un immagine dell’uomo e dell’artista così tanto più complessa ed articolata da risultare diametralmente opposta da quanto scoperto fino ad ora.

E fu così che il povero Modigliani iniziò a scrollarsi di dosso la puzza di commiserazione mista al fascino dello stereotipo dell’artista costantemente tormentato. Egli divenne il bel giovane italiano dalle buone maniere e dal vistoso bagaglio culturale, riempito durante i soggiorni nel suo paese natio per curare il suo fisico minato, già nell’infanzia, dalla tubercolosi.

Si scoprì che la grande bellezza del suo esprimersi continuamente richiamava a se modelli di una tradizione artistica molto più italiana che parigina. Da pittore istintivo e rivoluzionario si cominciò a considerare Modigliani più come un geniale interprete di un linguaggio nuovo costituito da una riformulazione di antichi dettami stilistici da ricercare in Tino di Camaino, e nei livornesissimi Natali e Fattori.

Questo accostamento Modigliani/maestri italiani contribuì a cambiare anche l’atteggiamento della sua città natale nei confronti dell’artista. Dapprima considerato quasi un traditore le cui fortune, arrivate solo poco prima della morte, si dovevano al suo essersi identificato nella cultura parigina dell’epoca. Non mancarono comunque gli apparenti innocui oltraggi, camuffati da ragazzate, rivolti al patrimonio artistico di Modigliani. Mi riferisco ovviamente all’operazione delle false teste gettate nei fossi reali nel 1984. Dopotutto, in quei giorni, non trovando niente di autentico del “povero Dedo” in città, qualche cosa andava fatto trovare per sponsorizzare la fallimentare mostra allestita per celebrale il centenario della nascita dell’artista… Anche in quell’occasione si metteva in moto il triste e ben collaudato meccanismo di falsificazione dell’opera del grande maestro livornese che tanto ha funestato la storia di Modigliani, l’artista più produttivo da morto che da vivo!

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Pace è stata fatta con la città, o almeno in parte, attraverso un convegno internazionale e la sfavillante mostra “Modigliani e gli amici di Montparnasse” allestita a Livorno dal 07/11/2019 al 16/02/2020 che ha portato in città autentici capolavori della maturità dell’artista. Una rara perla considerando le sfortune espositive legate ai recenti scandali di Genova e Palermo (per citarne solo due). Imbarazzate è pensare che si debba fare lo slalom tra mostre fake e fondazioni che ne dovrebbero tutelare la genuinità e la bellezza ma che, grazie alle recentissime e tutt’ora in corso indagini del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, rivelano un pericoloso associazionismo volto a immettere nel torbido mercato dell’arte solo maledetti falsi.

I funerali del grande artista furono la prova lampante della considerazione che Modigliani godeva all’interno della cerchia degli artisti parigini e non solo. La difesa del suo insegnamento, della sua autenticità dovrà esser altrettanto imponente.

“I funerali di Modigliani furono imponenti. Tutta Parigi era al Perè-Lachaise. Quanti fiori! Poichè si usciva dalla guerra non si voleva avere l’aria triste, si aveva l’abitudine alla morte. Modigliani era un altro eroe che si era perduto per lasciarci della bellezza. L’emozione, contenuta, attanagliava i cuori.”

“Al funerale di Modigliani non avevano assistito soltanto gli amici, gli artisti e tutta la popolazione di Montmatre e di Montparnasse: c’erano anche, sull’attenti, i poliziotti, e, furtivi, i mercanti, che compravano.” 

da “Modigliani, mio padre” Jeanne Modigliani.

 

Matteo Cannella